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XXVI Domenica (anno liturgico C). Festa di San Gerardo a Frosinone

Il Vangelo della Domenica
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Il profeta Amos, un contadino dell'VIII secolo a.C., denuncia quei cittadini che vivono nella sfrontata ricchezza, senza minimamente preoccuparsi di tanta parte della popolazione che è in miseria. Il ricco Epulone vive spensieratamente la sua ricchezza; non ci viene detto che fosse stato ladro o sfruttatore; il problema sta nel fatto che "un mendicante di nome Lazzaro giace alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cade dalla mensa del ricco". Gli scribi si erano costruiti una teologia tutta propria che con facilità tranquillizzavano la loro coscienza facendo l'elemosina. Insomma, ieri come oggi, si trovano le ragioni per far restare le cose come stanno. Oggi dai bontemponi si dice che non è costituzionale toccare i diritti acquisiti per superstipendi e pensioni d’oro. Dopo la morte, però, Lazzaro siede con Abramo alla mensa celeste, il ricco è nel luogo dei tormenti. "Con la ricchezza fatevi amici i poveri, perché vi accolgano nelle dimore eterne", dice ancora Gesù; è come dire che se il ricco epulone avesse aiutato Lazzaro, costui l'avrebbe accolto in Paradiso. L’abisso che il ricco epulone aveva scavato tra lui e il povero Lazzaro rimane ora invalicabile. Ciò nonostante, in questo mondo, si continua a creare abissi tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, tra razze, tra paesi ricchi e paesi poveri. L’ uomo ricco della parabola, inoltre, implora che qualcuno risuscitato dai morti vada dai suoi fratelli, e apra loro gli occhi prima che sia troppo tardi; ma si sente rispondere: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi". E' l'ultimo insegnamento di questa parabola: non abbiamo bisogno di fatti miracolosi per convertirci e colmare gli abissi. Ci basta il Vangelo! Questo piccolo libro, se sappiamo accoglierlo, salva tutta la vita, quella presente e quella futura. In conclusione: Il ricco andò all’inferno, non perché era stato ricco, ma perché era stato un uomo senza cuore; e Lazzaro andò in Paradiso, non perché era stato povero, ma perché aveva avuto gli stessi sentimenti di Dio: perché ci dev’essere tanta disparità tra gli uomini?! Perché c’è chi abbonda di beni, ed io qui muoio di fame?! Dobbiamo vivere di fede, giustizia e amore, ci ha vivamente raccomandato anche l’apostolo Paolo.
S. Gerardo Maiella, Missionario Redentorista, fratello coadiutore, nonostante non fosse ricco, aiutò i poveri come meglio non avrebbe potuto fare.
Un certo Pascucci Saverio, al processo di beatificazione del nostro Santo, così testimoniò: “Una volta ho visto con i miei occhi Gerardo chiamare un poverello e donargli le sue scarpe. Molte volte, di nascosto, dava il suo vitto ai poveri. Tutti lo stimavano un vero santo per la sua bontà. I poveri bussavano alla porta del convento di Deliceto (Foggia), o di Materdomini (Avellino), dove era Gerardo come alla porta della propria casa, tanto Gerardo era loro amico. Io molte volte ho parlato faccia a faccia con Gerardo”. Francesco Saverio Scoppa scrisse una lettera al P. Fiocchi, superiore a Deliceto: “Gerardo con la sua venuta a Corato (Bari) e con il suo buon esempio ha tirato a devozione tutto il popolo e ha operato stupende conversioni. Vostra riverenza non può immaginare il concorso di popolo a seguirlo; mai lo lasciavano, anzi lo portavano in mezzo come un santo calato dal Paradiso. Ogni parola che usciva dalla sua bocca feriva i cuori di tutti i presenti; con poche parole ammolliva ogni cuore duro. Spero di venire di persona per parlarvi a viva voce di molte cose meravigliose, operate da Gerardo”. E lo studente Redentorista Gaetano Spera da Deliceto scrive al P. Tannoia a Ciorani (Salerno): “ Fratel Gerardo è stato a Corato e ha convertito un Monastero di Monache; ha riportato a Dio molti cavalieri della nobiltà. I signori e le signore non lo lasciavano fino a tarda notte, presi dal desiderio di sentirlo parlare di Dio; molti han promesso di venire a Deliceto a fare gli esercizi spirituali; altri vogliono entrare nella nostra Congregazione per farsi religiosi. Qualunque cosa Gerardo chiedesse per una vita autenticamente cristiana l’otteneva, perché a Fratel Gerardo non si può dire di no, perché egli ci vuol bene e ci parla come a fratelli, come a sorelle”. Andavano da Gerardo buoni e cattivi, sani e ammalati, laici e sacerdoti; e tutti ricevevano da Gerardo un consiglio, un conforto, un aiuto; ciascuno ciò di cui aveva bisogno. Noi oggi abbiamo bisogno di tante grazie, anche di miracoli; chiediamoli a Gerardo, perché anche per noi Lui saprà operare cose prodigiose; anche noi però dobbiamo dire di “sì” a Gerardo, allorché Lui ci chiede una vita secondo il Vangelo.  E così sia ! A M E N !

Padre Nicola Fiscante, Redentorista